LA DISLESSIA EVOLUTIVA

Introduzione

Nel linguaggio comune il termine “dislessia” è diventato ormai sinonimo di tutti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Anche quando poi se ne conosca la specificità, legata alla competenza di lettura, spesso si associa tale disturbo ad un’incapacità di esprimersi correttamente o di comprendere quanto scritto. In realtà sappiamo che tali difficoltà non sono all’origine della dislessia ma ne sono una conseguenza.

Spesso il bambino e la sua famiglia arrivano a questa diagnosi dopo molti insuccessi scolastici, difficoltà, senso di impotenza e frustrazione. I tempi lunghi di attesa per una diagnosi non fanno che aumentare ulteriormente l’ansia e l’incertezza legate al “non sapere che cos’ha”. Quando finalmente la diagnosi attribuisce un nome a quello che succede ogni giorno nella mente del proprio bambino e che si discosta dalla prestazione comune, è importante comprendere che questa definizione non implica un ritardo cognitivo ma una differente modalità di apprendimento e di decodifica delle informazioni. Il bambino dislessico è un bambino con un QI spesso superiore alla norma, con una mente creativa e produttiva ma che apprende con modalità differenti.

Gli ultimi dati diffusi dal MIUR nel rapporto sull’ “integrazione scolastica degli alunni con disabilità – a.s. 2014/2015” riportano che il numero complessivo degli alunni con DSA frequentanti le scuole, sia statali che non statali, di ogni ordine e grado, è di 186.803 unità ed è pari al 2,1% del totale degli alunni. La dislessia, nello specifico, è sicuramente il disturbo più diffuso spesso associato ad altri disturbi: complessivamente nel territorio nazionale 108.844 alunni presentano disturbi di dislessia.

In questo lavoro definirò la dislessia evolutiva ed esporrò le sue caratteristiche e i fattori predittivi evidenziando l’importanza di una diagnosi precoce e dell’elaborazione di un progetto educativo e cognitivo che promuova una visione olistica dello studente e che stimoli in lui la consapevolezza delle proprie caratteristiche, la motivazione e l’individuazione di nuove strategie di studio consentendogli così di apprendere gli stessi contenuti dei suoi compagni con le strategie e gli strumenti per lui più facilitanti.

Definizione di Dislessia Evolutiva

La Dislessia Evolutiva (dis – disturbo / lessia – lettura in latino e linguaggio in greco) è un disturbo specifico della lettura.1

L’ International Dislessia Association (IDA) definisce oggi la dislessia come

Una disabilità specifica dell’apprendimento che ha origine neurobiologica. E’ caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e fluente e da abilità scadenti nella scrittura e nella decodifica.”2

In questa definizione possiamo individuare due termini che hanno contribuito a modificare l’approccio sociale, didattico ed educativo alla dislessia, ovvero è una disabilità che ha origine neurobiologica.

Questo significa che, secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso l’ICF, la dislessia viene riconosciuta come una caratteristica della persona che interferisce in modo significativo con le normali capacità di adattamento e partecipazione in uno o più ambiti di vita; in questo caso l’ambito è principalmente quello scolastico.

La difficoltà o a volte l’impossibilità nel rispondere alle richieste di lettura e scrittura poste dalla scuola possono avere conseguenze anche in altri ambiti come ad esempio quello sociale.

L’attribuzione inoltre di un’origine neurobiologica alla dislessia chiarisce definitivamente che non si tratta di un deficit nelle capacità intellettive della persona ma di un diverso sviluppo nelle componenti neurologiche che contribuiscono alla capacità di decodifica fonologica del linguaggio. Questa attribuzione non elimina la componente sociale e ambientale dal processo di anamnesi e di intervento sul disturbo diagnosticato ma la rende una componente secondaria che deve essere tenuta in considerazione sia tra gli elementi che possono contribuire al peggioramento dei sintomi che tra le risorse a disposizione del bambino per l’attivazione di tutti gli strumenti compensativi necessari per la facilitazione del suo apprendimento.

Resta da chiarire perché la dislessia venga definita “evolutiva”.

Prima di tutto perché si tratta di una difficoltà che si manifesta in età evolutiva, all’inizio del processo di apprendimento della competenza della lettura; inoltre perché si tratta di un disturbo che non resta fissa e immutabile nel tempo ma è soggetta a una trasformazione nel tempo in ragione di diverse variabili. 3

Si differenzia dalla dislessia acquisita in quanto la competenza non viene persa a seguito di una lesione o altro fattore esterno ma non viene acquisita dall’origine del processo di apprendimento per una diversa caratteristica neurobiologica che ne ostacola l’acquisizione stessa.4 La dislessia deriva infatti spesso si manifesta nonostante un’istruzione convenzionale, un’intelligenza adeguata e adeguate opportunità socio- culturali.

La dislessia può esordire in vari modi e comunque permane lungo tutto il corso della vita dell’individuo anche se con diversi gradi di sintomatologia in funzione della gravità del disturbo, delle caratteristiche cognitive del soggetto e delle opportunità educative e relazionali che il bambino riceve. I sintomi della dislessia quindi si modificano nel corso del tempo sulla base di fattori sociali, ambientali e didattici ma non possono essere totalmente eliminati. Tale permanenza è data proprio dalla sua origine genetica.

Oggi è riconosciuta una familiarità nei DSA: il disturbo può essere presente in più membri di una stessa famiglia, anche se con caratteristiche e intensità diverse. La dislessia può infatti manifestarsi con forti differenze individuali: è importante riconoscere che gli studenti con dislessia, come tutti gli studenti, non sono tutti uguali ma sono persone con la propria unicità e le loro differenze individuali anche nell’apprendimento vanno rispettate. Sebbene tutti possano soddisfare i criteri per rientrare in una diagnosi di dislessia, non tutti manifesteranno quindi lo stesso profilo.5

La dislessia è una malattia?

Nell’immaginario comune la dislessia viene considerata spesso una malattia che, se precocemente identificata, può essere in qualche modo “curata”.

In realtà la dislessia non è una malattia, per le seguenti ragioni:

  • la prima è che non si tratta di una condizione temporanea. E’ una condizione che pur modificandosi nel tempo rimane insita nell’individuo per tutta la vita.

  • la seconda è che non esiste una cura, come a volte i genitori vorrebbero per non far vivere ai propri figli le inevitabili sensazioni di diversità, di frustrazione e di scarsa autostima che si incontrano soprattutto nella fase di pre-diagnosi.

  • infine perché la dislessia non consiste in un’alterazione di una condizione di salute di partenza sana ma in una condizione che è insita nell’individuo dalla nascita e che spesso ha una caratteristica di familiarità.6

Solo attraverso l’identificazione precoce è possibile minimizzare i deficit neuropsicologici, oltre che prevenire lo sviluppo di disturbi emozionali.

Pertanto, una diagnosi adeguata e tempestiva è un fattore determinante per garantire la qualità di vita del bambino.7 La tempestività dell’intervento di recupero e di potenziamento delle competenze è infatti fondamentale per la sua evoluzione.

Indicatori precoci della dislessia

I test di screening non possono essere considerati strumenti diagnostici: possono allertare riguardo alla possibilità che si possa sviluppare un disturbo specifico dell’apprendimento, ma prima di poter esserne certi occorre attendere i tempi giusti per una valutazione professionale ed accurata.

Alcuni studi però hanno evidenziato come sia possibile identificare due fattori di rischio predittivi di una possibile dislessia:

L’evidenza di un disturbo nel linguaggio in età prescolare: quando il bambino presenta un ritardo consistente è possibile prevedere una successiva difficoltà nell’acquisizione delle abilità di letto-scrittura. Questo perché i presupposti neurobiologici sottesi all’apprendimento del linguaggio sono gli stessi che vengono poi utilizzati per la decodifica fonologica ai fini della lettura. Ciò non significa che tutti i bambini che presentano un ritardo di linguaggio sviluppino poi una dislessia ma che la percentuale di rischio aumenta in modo proporzionale con l’aumento dell’età nella quale persiste il ritardo stesso.8

Il secondo fattore di rischio è la familiarità: esistono ormai molti studi che evidenziano come la dislessia evolutiva venga trasmessa geneticamente. Uno studio a lungo termine finlandese ha rilevato una percentuale del 90% di sviluppo di dislessia nei bambini considerati a rischio sulla base della familiarità. Lo stesso studio ha anche potuto evidenziare una correlazione con la presenza di un ritardo nell’acquisizione del linguaggio.9

Inoltre i bambini con dislessia evolutiva possono presentare, in età prescolare difficoltà nel riconoscimento delle prime lettere o parole e nella memorizzazione di sequenze, ritmi e filastrocche, nella coordinazione o nella motricità fine. E’ importante quindi che anche le insegnanti della scuola dell’infanzia siano attente nell’osservare tali fattori per poter indirizzare correttamente famiglia e le insegnanti dell’ordine superiore di scuola nel monitoraggio di tali elementi in un’ottica di intervento precoce.

Le caratteristiche della dislessia

La dislessia si manifesta come una difficoltà nell’apprendimento e dunque nell’esecuzione dei compiti di lettura e, conseguentemente, di scrittura; è caratterizzata da difficoltà nel riconoscimento accurato e/o fluente delle lettere e conseguentemente delle parole, da scarsa abilità nel riconoscimento dei segni di ortografia e della conversione da grafemi a suoni. Questo significa che il bambino dislessico fatica a utilizzare queste competenze in maniera automatica con conseguenti numerosi errori e difficoltà secondarie quali una ridotta comprensione del testo scritto e riduzione delle esperienze di lettura, che possono impedire lo sviluppo del vocabolario e delle conoscenze generali.10 Questo processo rimarrà lento e faticoso anche con il procedere della scolarizzazione: pur essendo possibile un parziale recupero delle abilità strumentali la sua competenza non potrà mai essere automatizzata come per gli altri bambini/ragazzi.

La dislessia evolutiva si evidenzia in bambini dotati di un’intelligenza nella norma, che presentano motivazione all’apprendimento, con un’adeguata esperienza scolastica e sociale e che non presentano deficit né sensoriali, né neurologici né di tipo socioculturale. Generalmente il disturbo di lettura si lega infatti a QI piuttosto alti. In questi ultimi casi è possibile che il bambino riesca a compensare autonomamente le proprie difficoltà durante i primi anni di frequenza della scuola primaria e che inizi a sperimentare le difficoltà soltanto a partire dal 3° o addirittura dal 4° anno del primo ciclo scolastico. 11

La diagnosi non è però possibile prima dei 7 anni, quando cioè sia stata superata la prima fase di apprendimento della lettura e quindi quando sia possibile distinguere le normali difficoltà di apprendimento di un processo così complesso da difficoltà riconducibili alla dislessia.

I parametri considerati per una diagnosi sono quelli di velocità di lettura (misurata in sillabe al secondo) e di correttezza di lettura (misurata contando il numero di errori in rapporto al numero di stimoli) che vengono confrontati con quelli ritenuti adeguati all’età del soggetto.

La lettura orale nei soggetti con dislessia è caratterizzata da:

  • Difficoltà nel discriminare fonema-grafema (suono-lettera);

  • sostituzioni di suoni simili per forma (es. o con a, e con o, d o p con b, ecc.) e per suono (d con t o con b, c con g, f con v, ecc.),

  • Presenza di inversioni di sillabe o le parole;

  • Presenza di aggiunte/omissioni di fonemi o sillabe;

  • Presenza di lettura sillabata, lenta e con molti errori;

  • Frequente perdita del segno durante la lettura.

Nell’elaborazione scritta si osservano:

  • Trasposizioni sillabiche: ad esempio “tavolo = vatolo”.

  • Errori nell’uso delle doppie

  • Errori nell’uso di digrammi come gn-, gl-, sc-, cq-.

  • Difficoltà nell’uso della punteggiatura e nella collocazione delle lettere maiuscole.

  • Difficoltà nell’uso dello spazio del foglio, che riguardano il non rispetto delle righe o dei quadretti, o la direzionalità sinistra-destra.

I soggetti con dislessia evolutiva possono presentare una serie di difficoltà legate alla scansione temporale e alla sua memorizzazione: una difficoltà tipica consiste nella lettura dell’orologio, nella memorizzazione dei giorni della settimana, dei mesi e così via. Si rilevano inoltre criticità nel mantenimento del ritmo e nella memorizzazione delle informazioni in sequenza (filastrocche o poesie, ordine alfabetico, tabelline), ma anche nella manualità fine e nella coordinazione, che si possono manifestare sia a livello di difficoltà nel vestirsi, nell’allacciarsi le scarpe, nel riconoscimento destra/sinistra.12

L’importanza di una diagnosi e di un intervento di potenziamento precoce

Molti studi hanno evidenziato come una diagnosi e un conseguente intervento avviato precocemente riducano il numero di soggetti che continueranno a presentare difficoltà di lettura/scrittura in età adulta e riducono in ogni caso l’entità del disturbo. Una presa in carico precoce, inoltre, riduce il rischio di insorgenza di problemi secondari emotivi (il rischio di sviluppo di queste problematiche è 3 volte superiore alla media) e di abbandono scolastico. 13Questi dati ci invitano ad abbassare quanto più possibile l’età di riconoscimento e diagnosi dei DSA evitando però, nel contempo un eccesso di diagnosi anche per quei casi in cui la difficoltà è correlabile a un semplice ritardo evolutivo che può essere risolto con un corretto intervento pedagogico.

Il futuro di un bambino con dislessia evolutiva sarà tanto migliore quanto più precoce è l’intervento, quanto migliori sono le sue capacità cognitive, quanto più il bambino e il suo disturbo vengono compresi nell’ambiente di vita, sia in famiglia che a scuola. E’ fondamentale che si crei una rete attorno al bambino in grado di aiutarlo nella ricerca delle strategie di compensazione e nella costruzione di un’immagine di sé positiva e competente.14

E poi?: la dislessia da adulti

La particolare funzionalità cognitiva di un bambino/ragazzo dislessico può essere senza dubbio motivo di difficoltà, scarsa motivazione e ridotta autostima se si pretende da lui una prestazione standard di lettura e scrittura. Quando però questi riceve nel suo ambiente di vita lo stimolo giusto per sviluppare le sue altre competenze, questo disturbo può quasi evidenziarsi come una risorsa.

E’ fondamentale infatti per il futuro di questi ragazzi trovare un ambiente che favorisca lo sviluppo delle loro abilità senza puntare sempre il dito sulle sue difficoltà: il giudizio sociale su di loro non si deve basare prevalentemente sull’errore ma sulla competenza anche se fuoriesce dagli standard.

Occorre ricordare che le persone con dislessia hanno caratteristiche individuali che le differenziano da qualunque altra persona e il loro sviluppo dipende da molte variabili che condizionano il loro successo, non ultime le relazioni sociali.

Non è raro incontrare persone anche gravemente dislessiche che però presentano una spiccata capacità di reazione al disturbo e una caparbietà che li spinge a scoprire le strategie giuste riuscendo a instaurare relazioni sociali positive e stimolanti. Al contrario persone con una dislessia pur lieve possono presentare pesanti ricadute scolastiche con conseguente riduzione dell’autostima e degli obiettivi di crescita personale e professionale.15

Una diagnosi tardiva può causare reazioni diverse: da una parte può risultare un sollievo e uno strumento per rileggere il proprio passato ricostruendo l’origine dei propri insuccessi e delle proprie difficoltà, riuscendo ad attivare una nuova energia motivazionale che lo spingerà verso un’evoluzione positiva. Dall’altra una diagnosi tardiva si può collocare in uno stato di demotivazione e in un disagio ormai cronico attraverso i quali l’individuo ha ormai costruito un’immagine negativa di sé di cui vergognarsi e che deve essere tenuta nascosta.

Conclusioni

Non sono ancora chiare le cause della dislessia evolutiva: si ipotizzano cause genetiche, cause neurobiologiche legate ad un’asimmetria delle aree cerebrali coinvolte nell’elaborazione del linguaggio o ancora sono state elaborate ipotesi legate a un deficit fonologico o visivo o a una disfunzione del sistema cerebello-vestibolare. In ogni caso quello che è chiaro è che la dislessia evolutiva non è il risultato di una mente dal quoziente intellettivo limitato o di un atteggiamento pigro o svogliato.

Quello che invece deve essere posto alla base di qualsiasi intervento educativo e didattico in questi casi è che la dislessia rappresenta una caratteristica, priva di responsabilità dirette, che è insita nell’individuo e che si pone ad ostacolo per un’automatizzazione di quei meccanismi che normalmente consentono l’acquisizione della capacità di lettura. E’ fondamentale quindi basarsi sul rispetto della persona dei suoi tempi e delle sue modalità di apprendimento andando ancora una volta a considerare la persona nella sua complessità e specificità, valorizzandone soprattutto le risorse e le potenzialità così da garantire a ciascuno lo sviluppo di nuove competenze e di apprendere e comprendere i medesimi contenuti.

Note

1 Franco de Lima R., Alves Salgado C., Ciasca S.M. Dislessia evolutiva – Aspetti neurobiologici ed educazionali,in Neuroscienze.net, marzo 2009

2 Definizione di Lyon, Shaywitz e Shaywitz per IDA del 2003 – tratta da Stella G., Savelli E. Dislessia Oggi – Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170 – Edizioni Erickson, 2011

3 Stella G., Savelli E. Dislessia Oggi – Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170 – Edizioni Erickson, 2011

4 Stella G. La dislessia – quando un bambino non riesce a leggere – Ed. Il Mulino, 2017

5 Reid G. E’ dislessia – Domande e risposte utili, Edizioni Erickson, 2015

6 Stella G. La dislessia – quando un bambino non riesce a leggere – Ed. Il Mulino, 2017

7 Franco de Lima R., Alves Salgado C., Ciasca S.M. “DISLESSIA EVOLUTIVA – ASPETTI NEUROBIOLOGICI ED EDUCAZIONALI” in Neuroscienze.net

8 Stella G. La dislessia – quando un bambino non riesce a leggere – Ed. Il Mulino, 2017

9 Idem

10 Stella G. La dislessia – quando un bambino non riesce a leggere – Ed. Il Mulino, 2017

11 IRRE Toscana – Facilitare l’individuazione precoce dei disturbi di apprendimento della lettura e della scrittura, 2007

12 IRRE Toscana – Facilitare l’individuazione precoce dei disturbi di apprendimento della lettura e della scrittura, 2007

13 Penge R. Screening, indicatori precoci e fattori di rischio per i dsa in ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE Simoneschi G. a cura di, La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Ed. Le Monnier 02/2010

14 Icotea – Argomento 8 “La diagnosi nella dislessia” in Master Disturbi specifici dell’apprendimento

15 Ghidoni E. Dislessia e Dsa Una caratteristica personale da capire e valorizzare in Lavorowelfare n. 25 anno 3 giugno 2016 – edizione online pag. 8-11

Bibliografia

  • Biancardi A, Milano G. Quando un bambino non sa leggere, Rizzoli, 1999
  • Cornoldi C., Le difficoltà di appendimento a scuola, Il Mulino, Bologna, 2017
  • Franco de Lima R., Alves Salgado C., Ciasca S.M. Dislessia evolutiva – Aspetti neurobiologici ed educazionali , in Neuroscienze.net, marzo 2009
  • Ghidoni E, Dislessia e Dsa Una caratteristica personale da capire e valorizzare in Lavorowelfare n. 25 anno 3 giugno 2016 – edizione online pag. 8-11
  • IRRE Toscana – Facilitare l’individuazione precoce dei disturbi di apprendimento della lettura e della scrittura, 2007
  • MIUR, L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015, 2015
  • Penge R. Screening, indicatori precoci e fattori di rischio per i dsa in ANNALI DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE Simoneschi G. a cura di, La dislessia e i disturbi specifici di apprendimento Teoria e prassi in una prospettiva inclusiva, Ed. Le Monnier 02/2010
  • Reid G., E’ dislessia – domande e risposte utili, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2013
  • Stella G. La dislessia – quando un bambino non riesce a leggere – Ed. Il Mulino, 2017
  • Stella G., Savelli E., Dislessia Oggi. Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2011

 

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