LA DIAGNOSI DI DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA E DISCALCULIA

Introduzione

Quando un bambino incontra delle difficoltà nel suo percorso di apprendimento il primo termine che viene in mente è “dislessia” ma è ancora poco diffusa la conoscenza degli altri disturbi specifici dell’apprendimento: disgrafia, disortografia e discalculia.

Gli ultimi dati diffusi dal MIUR nel rapporto sull’“Integrazione scolastica degli alunni con disabilità – a.s. 2014/2015” riportano che il numero complessivo degli alunni con DSA frequentanti le scuole, sia statali che non statali, di ogni ordine e grado, è di 186.803 unità ed è pari al 2,1% del totale degli alunni.

Il totale alunni con DSA non coincide con la somma degli alunni per tipologia di disturbo perché alcuni alunni potrebbero avere più tipologie di DSA; complessivamente nel territorio nazionale 108.844 alunni presentano disturbi di dislessia, 38.028 di disgrafia, 46.979 di disortografia e 41.819 di discalculia. 1

I disturbi specifici di apprendimento (DSA) interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, ovvero l’abilità di lettura (dislessia), di scrittura (disgrafia e disortografia a seconda che il disturbo interessi la grafia con riferimento ad aspetti grafico-formali, o l’ortografia con riferimento all’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale) e di fare calcoli (discalculia). I diversi disturbi possono coesistere in una stessa persona, in questo caso si parla di comorbilità.

In questo lavoro esporrò le caratteristiche e i segnali della disgrafia, disortografia e discalculia evidenziando l’importanza di un approccio metacognitivo che spinga l’alunno a ritrovare la motivazione attraverso l’individuazione e il riconoscimento delle proprie difficoltà ma anche dei propri punti di forza oltre che mediante l’utilizzo delle strategie compensative e dispensative più adatte alle proprie caratteristiche.

La disortografia

La disortografia è “un disturbo specifico della scrittura di natura linguistica (in termini di errori di ortografia)”2; è caratterizzata da una marcata e persistente tendenza a ripetere errori ortografici in numero maggiore di quanto previsto in base alla sua età, intelligenza e livello di istruzione, specie nella scrittura delle parole, delle frasi, del periodo. Nei dettati spesso si ritrovano errori soprattutto nella parte finale quando la stanchezza fa perdere concentrazione e il bambino sbaglia pur avendo consapevolezza di come si scrive correttamente la parola ma mancando l’automatismo nella scrittura. 3

Quando gli viene chiesto di produrre un testo solitamente il numero degli errori aumenta in quanto l’attenzione viene suddivisa su due compiti: pensare a cosa scrivere e pensare a come scriverlo. Quando ciò non accade può dipendere dal fatto che il ragazzo scelga appositamente parole che presentano meno difficoltà ortografiche per non incorrere in errore.

Il bambino con disortografia ha difficoltà nel tradurre correttamente in simboli grafici i suoni che compongono le parole, ad esempio con omissioni, scambi o inversioni di grafemi.”4

La disortografia implica nel bambino una serie di difficoltà nell’applicare le regole ortografiche per trasformare il suono in parola scritta. Spesso la disortografia si associa alla dislessia perché gli apprendimenti della lettura e della componente ortografica risultano strettamente legati. 5

Nei testi scritti da bambini disortografici si riscontrano vari tipi di errore:

  • errori fonologici, scambio di grafemi nel caso di parole simili (come mome per nome), eliminazione o aggiunta di lettere o sillabe, (ad esempio taolo o tavololo per tavolo) Inversioni (li per il, bamlabo per bambola), grafema inesatto (pese per pesce, agi per aghi).

  • errori non fonologici, quindi separazione non corretta di parole come in capace invece che incapace, fusione di parole come lape anziché l’ape, oppure scambio di grafemi omofoni, esempio quoco per cuoco.

  • Altri errori: omissione e aggiunta di accenti (perche per perché) Omissione e aggiunta di doppia (pala per palla)

La lingua italiana presenta alcune forme di ambiguità dal punto di vista ortografico che rendono più complesso il passaggio da fonema a grafema:

  • parole che si scrivono con l’“h” iniziale che talvolta hanno forme omofone ma non omografe (come HANNO, omofono di ANNO oppure HO, omofono di O), o parole accentate (come È, omofono di E, oppure SÌ, omofono di SI);

  • stringhe fonologiche costituite ortograficamente da parole precedute dal relativo articolo apostrofato (come L’AGO, omofono di LAGO oppure L’ETTO, omofono di LETTO) in questi casi solo dal contesto sintattico o semantico è possibile derivare la soluzione corretta

  • trascrizione di suoni come [kw] che può essere trascritto con le sequenze ortografiche QU o CU o ancora CQU. In generale QU si usa prima di una vocale e CU prima di una consonante, tuttavia ci sono delle eccezioni a questa regola che occorre memorizzare e automatizzare nella produzione scritta.6

Altre ambiguità possono scaturire da inflessioni dialettali che possono rendere difficile l’individuazione soprattutto di suoni doppi.

La valutazione della disortografia avviene attraverso i seguenti test diagnostici:

  • dettato ortografico

  • Dettato di parole

  • Dettato di non-parole

  • Dettato di parole omofone non omografe

  • Dettato di frasi

  • Autodettato di frasi

Vale la pena ricordare che una diagnosi di disortografia è possibile se vengono preventivamente esclusi deficit dal punto di vista cognitivo, sensoriale, neurologico, socio-culturale e relazionale e viene appurata l’esposizione a normali opportunità educative e scolastiche.

Un utile approccio nel percorso di recupero e potenziamento della competenza ortografica potrebbe essere quello, durante le correzioni dei testi, di non sottolineare o cancellare gli errori ortografici riscrivendo la parola corretta. Con questa modalità si rischia che il bambino si concentri di più sull’errore che sulla parola giusta appena corretta. Potrebbe risultare più efficace segnalare le parole che egli è riuscito a scrivere correttamente, nonostante si tratti di parole che solitamente sbaglia o molto difficili. Il bambino si sentirà gratificato per le parole corrette, ma sarà anche incentivato a impegnarsi a scriverle sempre correttamente. 7

La disgrafia

La disgrafia è un disturbo specifico dell’apprendimento che si manifesta come difficoltà a riprodurre sia i segni alfabetici che quelli numerici; riguarda quindi solo il segno grafico e non le regole ortografiche e sintattiche sebbene possa influire negativamente su tali acquisizioni a causa dell’impossibilità di rilettura e autocorrezione.8

La disgrafia si manifesta con una o più delle seguenti caratteristiche:

  • posizione o prensione irregolare: la mano scorre sul foglio in modo irregolare, l’impugnatura del mezzo di scrittura e la posizione del corpo sono scorrette.

  • Capacità ridotta di utilizzare lo spazio nel foglio: il bambino non riesce a rispettare i margini, a lasciare spazi regolari tra i grafemi e a rispettare gli spazi dati dai quaderni procedendo spesso in salita o in discesa rispetto al rigo;

  • la pressione sul foglio non è adeguatamente regolata: talvolta è troppo forte, talvolta è troppo debole;

  • inversione di direzione nella scrittura di grafemi;

  • difficoltà nella riproduzione di figure geometriche e nella copiatura di parole o frasi;

  • irregolarità nelle dimensioni dei grafemi e nella legatura tra essi, spesso dovuta alla mancanza di fluidità del gesto grafico;

  • irregolarità nel ritmo di scrittura (o troppo veloce o troppo lento).

La produzione del segno grafico di lettere e parole è condizionata dalla coordinazione di movimenti delle dita e del polso: la compromissione di una sola di queste due componenti comporta l’irregolarità della scrittura prodotta.

Pur essendo la calligrafia un’espressione della propria personalità e come tale modificata dall’individuo nel percorso di crescita seguendo quasi un ideale stilistico, deve comunque essere leggibile.

La disgrafia si concretizza in una prestazione di scrittura scadente pur in presenza di intelligenza nella norma, in assenza di deficit neurologici o di handicap motorio. Molto spesso la disgrafia è associata a dislessia o disortografia.

La disgrafia emerge nel bambino quando la scrittura inizia la sua fase di personalizzazione, indicativamente dalla terza elementare. Nelle due classi precedenti lo sforzo e il disordine sono in genere determinati dalla fatica dell’apprendimento, in terza elementare il gesto è abbastanza automatizzato da lasciar spazio alla spontaneità e, di conseguenza, all’evidenziazione della difficoltà.9

Nella disgrafia è possibile attivare un percorso riabilitativo che migliori il gesto grafico attraverso l’applicazione delle seguenti tecniche:

  • Rilassamento

  • Esercizi di motricità manuale

  • Esercizi grafici specifici

  • Giochi con il corpo legati al grafismo

  • Esercizi per la respirazione

La discalculia

La discalculia si manifesta con difficoltà che riguardano «la produzione e la comprensione della quantità numerica, il saper riconoscere i simboli numerici e il saper eseguire le quattro operazioni di base; più precisamente nella discalculia abbiamo una significativa difficoltà ad acquisire l’automatismo del calcolo e/o dell’elaborazione dei numeri».10

Il bambino con discalculia mostra alcune delle seguenti difficoltà:

  • nella scrittura dei numeri e fa confusione tra i simboli matematici;

  • nell’enumerazione, nei cambi di decina e/o omette numeri;

  • nel recupero dei risultati, nei calcoli radidi come 2+4=6 o delle tabelline;

  • nelle procedure (calcoli in colonna, espressioni, ecc.);

  • di gestione dello spazio, con conseguenti problemi nell’incolonnamento delle operazioni;

  • nella risoluzione dei problemi nonostante l’integrità delle capacità logiche.11

I ragazzi discalculici possono presentare due profili distinti: il primo evidenzia difficoltà legate all’intelligenza numerica ovvero alla quantificazione, comparazione, seriazione e calcolo mentale, il secondo invece evidenzia difficoltà nelle procedure esecutive, come la lettura di numeri, la scrittura, la messa in colonna e le operazioni di calcolo. I primi avranno difficoltà nel riconoscere le quantità e associare il grafema simbolico del numero con la quantità, anche legato al posizionamento del numero all’interno di un numero più complesso; i secondi invece presenteranno difficoltà nell’acquisizione delle procedure di calcolo e nell’apprendimento delle tabelline.12

I simboli numerici sono quantitativamente inferiori rispetto a quelli alfabetici (10 cifre contro 21 lettere), ma complessa è la loro combinazione che si basa sul valore posizionale. Per molti bambini, infatti, non c’è differenza tra 12 e 21 oppure tra 523 e 325, in quanto non riescono ad attribuire significato alla loro posizione all’interno dell’intero numero. A volte i bambini discalculici tendono ad avere difficoltà nella lettura e nella scrittura dei numeri perché simili (il numero 9 viene confuso con il 6, il numero 1 con il numero 7, il 3 e l’8).

Di solito è presente la capacità di numerare in senso progressivo, crescente ma non in senso regressivo, decrescente. Un altro ostacolo che crea al soggetto situazioni di disagio è la difficoltà a memorizzare la tavola pitagorica con conseguente impossibilità ad eseguire correttamente moltiplicazioni e divisioni. 13

Per arrivare ad una diagnosi di discalculia devono essere prima scartati tutti i possibili fattori non specifici che possano giustificare la situazione di difficoltà di apprendimento (QI “uniformemente” basso, problemi psichici, disabilità sensoriali, problemi neurologici, ambiente familiare sfavorevole o insufficiente scolarizzazione); in seguito, la valutazione delle abilità matematiche viene effettuata confrontando la prestazione in attività di calcolo, numerazione, riconoscimento con la prestazione media dei coetanei con uguale livello di scolarità.Quando i risultati sono molto più bassi (due deviazioni standard sotto la norma), si ottiene un profilo compatibile con la discalculia.

Disturbo di calcolo e difficoltà di calcolo hanno profili simili; tuttavia per essere identificato come discalculia devono concorrere i seguenti elementi:

  • il disturbo del calcolo è innato;

  • ha basi neurologiche;

  • è specifico, cioè si accompagna ad abilità generali nella norma e a un apprendimento in altri ambiti adeguato all’età/ classe frequentata;

  • può essere in comorbilità con altri disturbi (ad esempio, dislessia);

  • è persistente nell’arco della carriera scolastica dello studente;

  • presenta resistenza all’automatizzazione del calcolo o delle procedure.

La semplice difficoltà di calcolo, invece, che non è innata reagisce a un training di potenziamento molto più rapidamente e si può risolvere completamente in tempi ridotti.

Approccio metacognitivo e piano didattico personalizzato

La metacognizione, ovvero la capacità di conoscere e riflettere sui propri processi cognitivi, può diventare un utile alleato per affrontare lo studio con i bambini con DSA. Metacognizione significa essere consapevoli del proprio funzionamento mentale ed essere in grado di riflettere su di esso in modo da saper gestire i processi che si mettono in atto. Nel caso di uno studente con DSA, l’approccio metacognitivo permette di dare un nome al problema e di poterlo affrontare superando la convinzione di non potercela fare e rafforzando la propria autostima.14

L’approccio metacognitivo attribuisce alla persona un ruolo attivo nell’apprendimento, in modo tale che essa possa mettere in pratica una forma di controllo su quello che fa e, di conseguenza, possa rendersi conto della propria capacità di imparare. La metacognizione influenza la prestazione in un compito e viceversa, la prestazione e l’esperienza di apprendimento arricchiscono le conoscenze metacognitive.

Rendere consapevoli i propri processi mentali, fatti di difficoltà ma anche di capacità e competenze, consente allo studente di poter attivare le strategie che meglio rispondono al suo bisogno per raggiungere l’obiettivo di apprendimento.

La frequente comorbilità tra diversi disturbi specifici dell’apprendimento dipinge un quadro sempre diverso delle caratteristiche di ogni studente e dovrebbe indurre gli insegnanti a progettare un Piano Didattico Personalizzato che in modo davvero “personalizzato” risponda alle esigenze e ai bisogni di quello specifico studente, uscendo da schemi e modelli prestabiliti per calarsi nella storia individuale di quel ragazzo.

L’insegnante attraverso il Piano Didattico Personalizzato dovrebbe offrire allo studente una serie di misure e di strumenti che possano agevolarlo in tale processo ma deve mettere in atto in prima persona delle strategie di insegnamento che consentano di trasmettere i contenuti didattici nella modalità più consona alle difficoltà evidenziate nell’alunno ma anche di rafforzare l’autostima e la motivazione allo studio.

Proporre nuove strategie consente all’alunno di valutare il vantaggio ottenibile dall’utilizzo di ciascuna di esse, portandolo ad individuare quella più utile e rispondente alle sue caratteristiche.

L’insegnamento a riflettere sulla propria modalità di funzionamento non solo elimina la sensazione che la difficoltà sia legata a una “carenza di intelligenza” ma consente all’alunno di usare efficacemente delle strategie non solo per produrre prestazioni migliori, ma anche per potenziare la propria motivazione allo studio.

Conclusioni

I disturbi specifici dell’apprendimento come la disortografia, la disgrafia e la discalculia non sono ancora molto conosciuti e, soprattutto ai loro esordi, fanno nascere negli adulti commenti come “Ma cosa ci vuole a ricordare che il verbo avere vuole in alcuni casi l’h? Concentrati!” oppure “Perchè non riesci a scrivere in modo un po’ più comprensibile? Scrivi come una gallina!” o ancora “Impegnati di più in matematica! Non è difficile!”. Spesso non viene presa in considerazione l’ipotesi che dietro a queste difficoltà non ci sia una carenza di intelligenza ma piuttosto un disturbo di origine neurologica. Questo fa nascere nel bambino un senso di inadeguatezza e di inferiorità che non può essere ignorato. Prendere consapevolezza dell’origine dei disturbi di apprendimento di un bambino, spesso molteplici, consente di fornirgli le indicazioni giuste per farvi fronte ma soprattutto per rafforzare la sua autostima e credere nelle proprie capacità.

Alla base di qualsiasi intervento educativo e didattico per tutti i bambini con DSA ci deve essere l’idea che qualsiasi disturbo non è dovuto ad un atteggiamento pigro o svogliato ma che è insito nell’individuo ponendosi ad ostacolo dell’automatizzazione di quei meccanismi che normalmente consentono l’acquisizione delle diverse competenze. E’ fondamentale quindi basarsi sul rispetto della persona dei suoi tempi e delle sue modalità di apprendimento andando ancora una volta a considerare la persona nella sua complessità e specificità, valorizzandone soprattutto le risorse e le potenzialità.

Note

1 MIUR “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015”, novembre 2015

2 Grandi L. a cura di “Dalla scuola materna all’università – Guida alla dislessia per genitori”, AID 2012

3 Brambati F. e Donini R. “DSA e compiti a casa” Edizioni Erickson , 2013

4 ICOTEA – Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 12 – La disortografia evolutiva”

5  C. Cornoldi e S. Zaccaria, In classe ho un bambino che….Ed. Giunti, 2011

6 ICOTEA – Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 12 – La disortografia evolutiva

7 Lo Presti G. “Nostro figlio è dislessico Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA – Edizioni Erickson 2017

8 Pratelli M.. “Disgrafia e recupero delle difficoltà grafo-motorie” Edizioni Erickson, 2016

9 ICOTEA –  Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 14 – La disgrafia

10 Lo Presti G. “Nostro figlio è dislessico Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA – Edizioni Erickson 2017

11 G.Stella, L.Grandi, Come leggere la dislessia e i DSA, Ed. Giunti Scuola, pag.8

12 Brembati F. e Donini R. “DSA e compiti a casa” Edizioni Erickson, 2016

13 ICOTEA – Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 16 – La discalculia

14 Lo Presti G. “Nostro figlio è dislessico Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA – Edizioni Erickson 2017

Bibliografia

  • Biancardi A, Milano G. Quando un bambino non sa leggere, Rizzoli, 1999

  • Brembati F. e Donini R. “DSA e compiti a casa” Edizioni Erickson, 2016

  • Grandi L. a cura di “Dalla scuola materna all’università – Guida alla dislessia per genitori”, AID 2012

  • ICOTEA – Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 12 – la disortografia evolutiva

  • ICOTEA – Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 14 – la disgrafia

  • ICOTEA –Master Disturbi specifici dell’apprendimento – Modulo 16 – La discalculia

  • Lo Presti G. “Nostro figlio è dislessico Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA – Edizioni Erickson 2017

  • MIUR, L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015, 2015

  • Pratelli M.. “Disgrafia e recupero delle difficoltà grafo-motorie” Edizioni Erickson, 2016

  • Stella G., L.Grandi, Come leggere la dislessia e i DSA, Ed. Giunti Scuola

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