DSA E RITARDO MENTALE – DEFINIZIONI E DIFFERENZE

Introduzione

Si stima che circa un bambino su cinque incontri nella sua vita scolastica una difficoltà  di apprendimento. (Cornoldi, 2017)1. Fino a qualche decennio fa questi studenti venivano genericamente considerati “svogliati” o “poco intelligenti”.

La legge 104/92 ha dato avvio a un percorso di rinnovamento culturale che promuove il riconoscimento e il rispetto delle diverse difficoltà  e che è volto all’inclusione, in ambito sociale e scolastico, di tutte le persone, ognuna con la propria soggettività , i propri limiti ma anche le proprie competenze e risorse.

Solo nel 2010 con la legge 170 vengono riconosciuti e definiti i “Disturbi Specifici dell’apprendimento” (da ora DSA), fino a quel momento considerati come difficoltà rientranti nei generici “deficit cognitivi”.

In entrambi i casi le norme definiscono le misure da adottare per l’integrazione sociale e scolastica e, in particolare per i DSA, le misure compensative e dispensative per la facilitazione dell’apprendimento; in entrambe le casistiche si auspica l’attivazione di un lavoro di rete tra famiglia, scuola e servizi, che elabori un progetto educativo specifico per ogni studente, sottoscritto dalle parti, che tenga conto delle sue difficoltà  ma anche delle risorse e delle competenze presenti.

Gli ultimi dati diffusi dal MIUR2, relativi all’nno scolastico 2014/2015 evidenziano un aumento costante delle certificazioni di disabilità e di DSA  (i bambini con disabilità sono passati, negli ultimi 10 anni, dal 1,9% al 2,7% mentre quelli con DSA sono passati dal 2010 a oggi dal 0,7% al 2,1% con punte del 3,4% nel Nord Italia).

Senza volersi soffermare in questa sede sulle motivazioni di un tale aumento, si può  senz’altro riscontrare un aumento dell’attenzione da parte della scuola, delle famiglie e del sistema sanitario e sociale verso questo tipo di disturbi con l’obiettivo di individuare le soluzioni più adatte a garantire il diritto allo studio di ogni studente.

Nei paragrafi seguenti verrà definito cosa si intenda per ritardo mendale e per DSA così da poterne cogliere le differenze e chiarire la tipologia di intervento didattico ed educativo più rispondente al bisogno reale di ogni studente e al diverso impatto che queste condizioni hanno sulla vita quotidiana dei bambini e delle loro famiglie.

Il ritardo mentale: una patologia ad impatto globale

La legge 104/92 detta i principi in materia di diritti, integrazione sociale ed assistenza della persona “handicappata” definendo tale “colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.

In particolare, il ritardo mentale, oggi preferibilmente definito disabilità  intellettiva, è una condizione che presenta un basso livello cognitivo esteso a una vastissima gamma di funzioni cognitive3. Questo livello viene valutato attraverso diversi test (WAISS, Wechsler, Wisc) che permettono di misurarlo e rappresentarlo numericamente con un Quoziente Intellettivo (Q.I.) individuale.

Per poter diagnosticare un ritardo mentale però oltre a evidenziarsi un QI inferiore a 70 occorre osservare un esordio prima dei 18 anni di età e ridotte capacità  di vivere in maniera autonoma a causa di un mancato raggiungimento degli standard di sviluppo e socioculturali minimi. Ciò significa che senza un supporto continuativo i deficit limitano il funzionamento, la comunicazione, la partecipazione sociale e l’autonomia in uno o più ambiti come la casa, la scuola e la comunità.4

Una delle caratteristiche del ritardo mentale è l’impossibilità  di accedere al pensiero astratto: tutti i pensieri della persona rimangono ancorati all’esperienza, alla concretezza e alle impressioni sensoriali; manca la capacità  di proiettare sè stesso e le conseguenze dei propri atti nel tempo. 5

L’ICF, International Classification of Functioning, redatto nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, mette in luce l’innovativo concetto di funzionamento globale del soggetto e di salute bio-psico-sociale della persona. Il funzionamento di una persona, infatti, va letta e compresa in modo globale, sistemico e complesso. Per l’ICF la diagnosi funzionale è “la comprensione del funzionamento della persona, della sua attività  e della sua partecipazione sociale in rapporto a molteplici fattori personali e ambientali”6.

Questo sguardo socio-ecologico, globale, sulla disabilità  consente di superare il concetto di ritardo mentale come di un deficit rispetto a un normale funzionamento e di descrivere la disabilità  come una condizione caratterizzata da un determinato stato di salute valutato però unitamente ai comportamenti funzionali compresi quelli relazionali, sociali e di autonomia personale e ai fattori contestuali; si determina così il grado di severità  della disabilità  e il livello di supporto necessario che diventano il presupposto per l’assegnazione di adeguati supporti individualizzati. 7

I DSA: “un disturbo circoscritto per un intervento metacognitivo”

Con il termine DSA ci si riferisce a un gruppo di disturbi che interessano la strumentalità  della lettura, della scrittura e del calcolo e ostacolano il normale processo di acquisizione delle abilità  scolastiche.

Secondo la definizione dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) i DSA sono “disturbi del neurosviluppo che riguardano le capacità  di leggere, scrivere, calcolare in modo corretto e fluente che si manifestano all’inizio della scolarizzazione. non sono causati nèda deficit di intelligenza nè da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali”. 8

Riprendendo la sopra citata definizione la legge 170/2010 specifica che i DSA “si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali ma che possono costituire una limitazione importante di alcune attività della vita quotidiana.

Cornoldi riprende la definizione del National Joint Committee on Learning Disabilities (NJCLD), organizzazione americana che rappresenta molte associazioni che si occupano di DSA, sottolineando come “benché possano verificarsi in concomitanza con altre condizioni di handicap .. o con influenze esterne come le differenze culturali o un insegnamento insufficiente e inappropriato, i disturbi specifici dell’apprendimento non sono il risultato di queste condizioni o influenze”.9

I DSA sono definiti “disturbi” e non difficoltà  in quanto derivanti da fattori disfunzionali intrinsechi al sistema cognitivo non modificabili nè curabili che possono tuttavia variare a seconda dell’estensione della disfunzione, del dominio interessato a livello neurologico e nel tempo come conseguenza degli interventi educativi attivati. Sono “specifici” in quanto il disturbo interessa un dominio circoscritto del funzionamento cognitivo senza compromettere le restanti abilità.

I DSA rientrano nella categoria della disabilità  non per richiamare un deficit cognitivo ma per assimilarli a quelle condizioni che rappresentano una incapacità  significativa che interferisce con le normali capacità  di adattamento e partecipazione di una persona in un certo contesto di vita 10; in questo caso il contesto è quello scolastico.

Si tratta di situazioni che, come le disabilità , necessitano di tutela e di garanzia di diritti per salvaguardare e potenziare l’apprendimento e la socializzazione. Scopo della legge 170 è dettare “i principi generali che devono guidare l’intervento in ambito scolastico e sanitario per garantire una gestione appropriata dei DSA al fin di favorire la migliore realizzazione delle persone che ne sono affette” 11 nel rispetto di tutte le diverse capacità  di apprendimento. La diagnosi di DSA perde così l’etichetta di disonore o di handicap per assumere quella di strumento di tutela e di garanzia delle misure dispensative e/o strumenti compensativi che facilitino il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento posti a tutti gli altri studenti.

I disturbi specifici dell’apprendimento non hanno origine in una patologia ma in una diversa modalità di sviluppo neuronale che limita alcune abilità  cognitive.

Per distinguerli dal ritardo mentale, la definizione di DSA riporta spesso i fattori di esclusione più che le caratteristiche peculiari. Per arrivare ad una diagnosi di DSA occorre accertare che il bambino o il ragazzo non abbia un QI basso, non presenti una disabilità  grave o deficit sensoriali, non viva in condizioni di svantaggio socio-culturale non presenti una pregressa limitata abilità  di relazione, di comprensione e di autonomia personale; tutti questi da soli fattori potrebbero compromettere l’apprendimento di competenze come la letto-scrittura o la logica matematica. 12

Per quanto non rientrino esplicitamente nella diagnosi non è possibile ignorare gli aspetti di disagio psicologico correlati ad un DSA. La sfera emotiva infatti, soprattutto prima della diagnosi, può essere danneggiata sia in termini di autostima che di consapevolezza delle proprie capacità  con conseguenze sulle relazioni sia in famiglia che a scuola portando senso di colpa, aggressività  e atteggiamenti rinunciatari.13

Una delle caratteristiche dei DSA è la comorbilità, ovvero la stessa persona può presentare contemporaneamente più disturbi, di grado spesso differente; possono essere associati tra loro o con disturbi dell’attenzione, della memoria a breve e a lungo termine, visiva e uditiva, difficoltà dia organizzazione visuo-spaziale, di coordinazione o emotive.

La complessità  di questi disturbi comporta quindi la necessità  di non basarsi solo sui risultati dei test somministrati ma anche su un percorso di valutazione e diagnosi più complesso che tenga conto della storia evolutiva e scolastica del bambino, della possibile familiarità  con questi disturbi e degli interventi educativi precedenti.

Come nei casi di ritardo mentale e di disabilità  in generale è fondamentale quindi mantenere un approccio globale alla persona attraverso la proposta di interventi educativi e di sostegno didattico personalizzati. Un approccio metacognitivo permette al bambino/ragazzo di dare un nome alla difficoltà  percepita e di uscire dalla spirale di frustrazione nel quale si sente compresso, attivando la motivazione non sulla base di fattori esterni (fortuna o aiuti esterni) ma su fattori interni ovvero sulle proprie competenze, sull’impegno profuso e sulle strategie di studio messe in atto14.

Oltre a potenziare le abilità  compromesse obiettivo dell’intervento educativo è aumentare la consapevolezza delle proprie capacità  e delle proprie modalità  di apprendimento; le misure dispensative o compensative e le strategie di studio differenti sono quindi strumento facilitante per il raggiungimento degli obiettivi scolastici.

In conclusione… che differenza c’è?

DSA e ritardo mentale possono coesistere?

Nell’enunciare definizioni e caratteristiche dei DSA e del ritardo mentale è stato possibile accennare ad alcuni tratti distintivi delle due casistiche.

E’ stato evidenziato come lo studente con DSA non abbia mai un ritardo mentale ma è possibile che uno studente disabile presenti anche un DSA. In questo caso il DSA si aggiunge in una situazione di apprendimento già  compromesso dalla patologia che ha dato origine alla disabilità  e rientra in un quadro clinico nel quale il DSA è solo un elemento della diagnosi. Le difficoltà relazionali, di autonomia personale o di comprensione pertanto non sono da attribuire al DSA ma alla disabilità  e all’approccio che il contesto familiare, scolastico e sociale hanno avuto con la casistica stessa.

Nel caso dello studente solo con DSA le medesime difficoltà  non sono da attribuire in alcun modo alla dimensione neurobiologica quanto unicamente al vissuto psicologico, di autostima e di motivazione e al livello di incoraggiamento e di giudizio positivo ricevuto. E’ importante che il suo contesto di vita riconosca il DSA come una difficoltà  che può essere, se non superata, almeno gestita con gli strumenti adeguati.

La compromissione del processo di apprendimento

L’apprendimento di abilità è un tipo di apprendimento meccanico ed innato, che riguarda, ad esempio, la lettura, la scrittura sotto dettatura o l’esecuzione di calcoli. Al contrario, l’apprendimento di concetti, è un tipo di apprendimento volontario, in grado di effettuare analisi più avanzate (come la capacità  di comprendere un testo o un problema matematico) e coinvolge i processi attentivi. In situazioni normali i due tipi di apprendimento si integrano progressivamente. Nel momento in cui risulta compromesso l’apprendimento di abilità  si è soliti parlare di DSA mentre quando è¨ l’apprendimento concettuale a mancare, si parla di Ritardo Mentale.15

Questo spiega perchè il livello intellettivo nei casi di DSA risulta sempre pari o superiore alla media e perché il livello di frustrazione sia sempre piuttosto elevato prima della diagnosi. La difficoltà, infatti, non risiede nella comprensione dell’oggetto di apprendimento ma nell’ostacolo che la propria strutturazione neurobiologica ha posto tra il contenuto e l’assimilazione dello stesso; la confusione e la difficoltà create dal disturbo stesso non consentono allo studente di vedere adeguatamente il contenuto dell’apprendimento stesso. Individuata una nuova modalità  di visione del contenuto attraverso le misure compensative e/o gli strumenti e i software informatici a supporto dell’apprendimento è possibile spostare l’ostacolo e avvicinarsi alle nozioni con maggiore chiarezza e semplicità.

L’importanza del lessico: Piano educativo individualizzato e piano didattico personalizzato

Nei casi di disabilità  la norma stabilisce la necessità  di elaborare un Piano educativo individualizzato mentre nei casi di DSA è obbligatoria la stesura di un piano didattico personalizzato: c’è un’intenzione nell’uso di questi specifici termini?

Il termine educativo nei casi di disabilità  richiama a mio parere l’approccio globale olistico proposto dall’ICF, ponendo alla base dell’intervento obiettivi che abbracciano tutti gli ambiti di vita della persona, non solo quello scolastico, avendo come focus un cambiamento fatto di micro obiettivi che accompagni la persona con disabilità  nell’acquisizione di abilità e competenze che favoriscano la relazione, l’integrazione e l’autonomia personale. Ecco perchè la titolarità  degli interventi in ambito scolastico in questi casi è in capo al servizio sociale professionale; ad esso spetta il compito di coordinare il lavoro di rete richiesto con la famiglia, la scuola e le risorse presenti sul territorio per favorire la costruzione di un ambiente stimolante attraverso il coinvolgimento di tutte le figure con le quali il bambino/ragazzo si relaziona.

Nel caso di ritardo mentale occorre ricordare che il bambino/ragazzo tende ad essere ripetitivo e a presentare abilità  settoriali minori rispetto ai suoi coetanei. Gli obiettivi, quindi, pur tenendo conto del grado di severità  del ritardo, devono focalizzarsi sulla predisposizione di un contesto facilitante, conoscibile, ripetitivo e quindi prevedibile promuovendo l’acquisizione di competenze specifiche, la motivazione all’apprendimento e il trasferimento delle competenze apprese in ambito terapeutico anche negli altri ambiti di vita; schematizzando le azioni, si promuove la soluzione autonoma del problema nella cura di sè e nelle attività  quotidiane.16

Il termine didattico, invece, utilizzato nei casi di DSA, richiama l’idea che l’intervento proposto debba avere come focus principale di attenzione l’ambito scolastico e la didattica in particolare. Il disturbo, come già detto, resta circoscritto all’ambito dell’apprendimento e le difficoltà mostrate in altri ambiti sono la conseguenza di un disturbo non adeguatamente sostenuto.

Obiettivo di un intervento educativo in questi casi è principalmente quello di rafforzare la didattica, l’insegnamento della competenza deficitaria; si promuove quindi il recupero delle abilità strumentali, il potenziamento delle strategie di apprendimento, l’acquisizione di una consapevolezza del proprio stile di apprendimento migliorando l’approccio al compito e al problem solving promuovendo un senso di autoefficacia, di aspettative di successo legate a motivazioni intrinseche.

Pur rientrando nelle disabilità , secondo la definizione dell’ICF, per i casi di DSA viene ritenuto sufficiente il confronto scuola-famiglia per la predisposizione di un ambiente di apprendimento facilitante. Il PDP definisce le metodologie, i tempi e gli strumenti per consentire al bambino/ragazzo di raggiungere i medesimi obiettivi di apprendimento posti all’intero gruppo classe. Cuore dell’intervento quindi sono le misure compensative e dispensative che sono considerate strumenti necessari per il raggiungimento degli obiettivi.

Personalmente ritengo sia auspicabile che il termine educativo venga sempre più spesso mutuato anche nei casi di DSA in quanto, anche in queste situazioni, è importante agire sul piano della relazione educativa, sulla motivazione, sull’autostima e sull’accettazione della propria diversità  che si esprime anche nell’individuazione e nel potenziamento delle proprie competenze per potersi così sentire adeguato alle richieste che gli vengono fatte soprattutto in ambito scolastico.

Il termine individualizzato o personalizzato presente in entrambe le definizione richiama ulteriormente l’idea che l’intervento debba essere centrato sull’individuo: la progettazione educativa quindi non può basarsi esclusivamente sulla diagnosi e sulla gravità  evidenziata, come se esistessero soluzioni predefinite per ogni situazione, ma deve prendere in considerazione la persona in tutte le sue dimensioni, compresa quella affettiva e relazionale, così¬ da poter proporre esperienze educative che rispondano alle sue caratteristiche ma anche alla sua storia di vita fino a quel momento.

Bibliografia

  • AA.VV. I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), AIRIPA Associazione Italiana per la ricerca e l’intervento nella Psicopatologia dell’apprendimento,San Dona’ di Piave (VE), 2009

  • Caso C., Il DSA, Disturbo Specifico dell’apprendimento, in www.neuroscienze.net, luglio 2017

  • Cornoldi C., Le difficoltà di appendimento a scuola, Il Mulino, Bologna, 2017

  • Donolato E., Tucci R., Mammarella I., Difficoltà  e Disturbi dell’Apprendimento: le rappresentazioni degli insegnanti nella Regione Veneto in Dislessia Vol. 13, n. 3, (pp. 281-298) Edizioni Centro Studi Erickson, ottobre 2016

  • MIUR, L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità  a.s.2014/2015, 2015

  • MIUR Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, Allegato decreto Ministeriale 12 luglio 2011

  • Reid G., E’ dislessia: domande e risposte utili, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2013

  • Schalock R. e altri, Nuova dicitura per il ritardo mentale:comprendere il passaggio verso il termine disabilità  intellettiva, in AJMR Edizione Italiana, Vol. 6 n. 1, Edizioni Vannini, Gussago (BS), febbraio 2008

  • Stella G., Savelli E., Dislessia Oggi. Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2011

  • World Health Organization, International Classification of Functioning Disability and Health, 2011

NOTE

1 Cornoldi C. Le difficoltà di apprendimento a scuola, Il Mulino Bologna, 2017 (versione ebook)

2 MIUR, L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015, 2015

3Cornoldi C., op. cit. (versione ebook, n. pag non presente)

4 Ibidem

5> Icotea “Master sui disturbi specifici dell’apprendimento” – Il ritardo Mentale

6 > World Health Organization, International Classification of Functioning, 2001

7 Schalock R.L. e al., AJMR- Ed. Italiana, Volume 6,Numero 1, Ed Vannini, Gussago (BS), feb 2008, pag. 8-20

8> Definizione tratta dal sito www.aiditalia.org/it/la-dislessia

9 Cornoldi C., op. cit. (versione ebook -n. pag. non presente)

10 Stella G., Savelli E., Dislessia Oggi. Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2011, pag. 21

11 Ivi pag. 7

12 Ivi pag. 49

13 > Icotea “Master sui disturbi specifici dell’apprendimento” – Famiglia e DSA: le connessioni dei disturbi con le relazioni e il clima familiare

14 Ibidem

15 > Caso C., DSA il Disturbo specifico dell’apprendimento, in www.neuroscienze.net, luglio 2017

16 > Icotea “Master sui disturbi specifici dell’apprendimento – Il ritardo mentale

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